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12.06.2023
SOFFIO CARDIOLOGICO: DIAGNOSI, SINTOMI, GESTIONE
Il termine soffio cardiaco è probabilmente tra i più famigliari e utilizzati in ambito medico, ma anche tra i più evocativi e generatori di ansie, soprattutto in età pediatrica. Dal punto di vista pratico, possiamo concepirlo come l’espressione di una ‘vibrazione’ che si genera all’interno delle strutture cardiache che può essere trasmessa attraverso il torace e giungere all’orecchio del medico. Dietro questa descrizione fisica si apre però un ampio ventaglio di possibilità cliniche. Per prima cosa è importante dire innanzitutto che il soffio è un segno diagnostico e non una patologia di per sé e il suo significato clinico dipende da età, storia clinica e sintomi della persona . Avere un soffio cardiaco, quindi, non significa essere malati di cuore, non è una patologia. È un campanello d’allarme: nell’80% dei casi è benigno, un rumore armonico non preoccupante, mentre nel restante 20% dei casi è espressione di una patologia cardiaca, come una valvulopatia”.
Esistono pertanto due tipologie di soffio al cuore:
- funzionale
- patologico
Soffio al cuore funzionale
Si parla di soffio funzionale quando la ‘vibrazione’ percepita all’auscultazione del cuore non è da attribuire a una patologia, bensì a un più rapido flusso del sangue all’interno delle strutture cardiache. “Questa tipologia viene definita anche soffio al cuore ‘innocente’, perché riscontrata in persone che hanno un cuore perfettamente sano.
Il più frequente soffio funzionale è quello riscontrato nei bambini . “In età pediatrica i soffi cardiaci sono molto frequenti, riguardano infatti circa il 60-70% dei bambini e dei neonati. Nella maggioranza dei casi vengono classificati come ‘innocenti’, perché privi di significato patologico e anche perché, spesso, tendono a scomparire del tutto con il passare degli anni.
Esistono poi alcune condizioni che possono generare la comparsa di un soffio cardiaco come febbre alta, anemia, gravidanza, accelerazione del battito cardiaco dovuto a stress e condizioni mediche come l’ipertiroidismo .Si tratta quindi di situazioni che si possono considerare temporanee, poiché generalmente cessano e tornano alla normalità nel momento in cui viene meno la causa che l’ha generata.
Il soffio funzionale di solito non è associato a particolari sintomi cardiologici, non pone limiti all’attività fisica o sportiva agonistica e non è necessario prendere particolari precauzioni, a meno che la condizione parafisiologica o patologica a esso associata non crei una transitoria e/o eccessiva tachicardia o debolezza (astenia), che si risolvono con il cessare della situazione che le ha determinate.
Il soffio al cuore patologico
Viene definito soffio patologico o organico, quando dipende da una vera e propria anomalia della struttura del cuore Il soffio al cuore organico, o patologico, è causato da patologie congenite (presenti già alla nascita) o acquisite (compaiono con l’età), che modificano la struttura del cuore o di sue parti, come:
le valvole cardiache, con malfunzionamento dei lembi valvolari per ridotto passaggio di sangue attraverso la valvola “ristretta” (stenosi valvolare) o per una sua non perfetta chiusura con reflusso di sangue all’indietro (insufficienza o rigurgito valvolare): le cause possono essere malformazioni valvolari congenite, lassità o prolassi dei lembi valvolari congeniti o acquisiti che determinano insufficienza valvolare, alterazioni degenerative senili o post-infettive come avviene nell’endocardite o con la febbre reumatica, oppure correlate a patologie autoimmuni come il lupus eritematoso sistemico (LES) o l’artrite reumatoide, lunghi trattamenti di radioterapia;
il muscolo cardiaco (esiti post-infartuali o post-infiammatori/post-infilitrativi);
i setti che dividono le cavità destre da quelle sinistre del cuore (difetti interatriali o interventricolari, pervietà del forame ovale) congeniti;
i grossi vasi del cuore (pervietà del dotto di Botallo), congeniti.
Il soffio anomalo è di intensità generalmente maggiore rispetto al soffio innocente e presenta delle caratteristiche tali da renderne più facile il riconoscimento da parte del medico. Tale soffio organico è inoltre più frequentemente nel tempo accompagnato da una serie di sintomi che diventano più o meno manifesti soprattutto in base alla gravità della patologia che lo causa o alla velocità con la quale essa evolve.
La diagnosi: l’importanza dell’ecocardiogramma
La presenza di un soffio cardiaco in genere viene riscontrata durante una visita medica, con l’auscultazione del cuore tramite l’utilizzo di uno stetoscopio, che viene appoggiato sul petto, sul fianco e sulla schiena della persona.
Questa metodica non permette sempre però di operare una distinzione tra soffi determinati da turbolenze fisiologiche, cosiddetti ‘innocenti’, e quelli generati da anomalie anatomiche. Per avere una certezza diagnostica, è necessaria quindi una valutazione di secondo livello da parte dello specialista cardiologo
L’esame diagnostico di secondo livello più indicato in questo caso è l’ecocardiogramma transtoracico . Si tratta di una metodica veloce e indolore che è in grado di studiare i flussi all’interno del cuore e rilevare eventuali anomalie mediante gli ultrasuoni. A volte il cardiologo per maggiore approfondimento si avvale dell’ecografia color doppler transesofageo , della RMN cardiaca e in casi particolari del cateterismo cardiaco
I sintomi
La sintomatologia varia a seconda della tipologia di soffio cardiaco. Il soffio cardiaco funzionale molto spesso non dà segni particolari della sua presenza.
I sintomi di un soffio cardiaco prodotto da malattie del cuore, invece, cambiano in base alla tipologia di patologia che ne è la causa. In molti casi, la sua presenza è associata a:
- fiato corto (fame d’aria)
- edemi declivi e turgore giugulare
- sudorazione abbondante senza motivo
- cardiopalmo
- dolori al petto
- vertigini
- colorazione tendente al blu della pelle, delle dita e delle labbra
Come si cura il soffio cardiaco
Quando il soffio è “innocente” non sarà necessario ricorrere né a ulteriori indagini strumentali né a particolari trattamenti mirati al sistema cardiovascolare, essendo il cuore sano, ma se fosse associato a una malattia extracardiaca, come l’ipertiroidismo o l’anemia, scomparirà curando la patologia sottostante.
Comunemente, le malattie delle valvole cardiache in fase iniziale e per molti anni non richiedono alcuna terapia farmacologica: anche nel caso di soffio organico lieve, il cardiologo infatti può raccomandare solo controlli ecocardiografici regolari per monitorare la situazione e valutare se e quando instaurare nel tempo una terapia farmacologica.
In base alla situazione cardiaca, all’entità e al tipo di valvulopatia potrà essere indicato:
una terapia antibiotica profilattica (nel vero prolasso mitralico, negli esiti di chiusure di difetti interatriale e del forame ovale pervio, oppure se già portatori di protesi valvolari) in caso di interventi chirurgici, biopsie o cure dentarie complesse per ridurre che il rischio di infezioni possa raggiungere il cuore e le valvole (endocardite batterica);
un trattamento con farmaci (vasodilatatori, diuretici, betabloccanti, antiaritimici o anticoagulanti) quando il malfunzionamento delle valvole può cominciare a compromettere la corretta capacità di funzionamento del cuore o necessita di trattamenti specifici.
il ricorso alla riparazione o sostituzione di una valvola malata, che deve avvenire quando si verifica un aggravamento della valvulopatia prima che possa causare un irreversibile scompenso cardiaco o situazioni cliniche di grave disagio o pericolo per il paziente. Sono possibili due approcci, uno percutaneo meno invasivo e l’altro chirurgico, tradizionale ma più impegnativo.
L’intervento percutaneo mininvasivo viene effettuato mediante inserzione di cateteri nei vasi sanguigni per raggiungere la valvola da riparare (valvuloplastica transluminale percutanea con catetere a palloncino ) o da sostituire (come l’impianto di valvola aortica via transcatetere, la cosiddetta TAVI ) in caso di stenosi valvolari importanti, oppure tramite il fissaggio di dispositivi particolari in grado di ridurre la gravità della insufficienza valvolare (come il posizionamento di un anello intorno alla valvola mitrale o tricuspidale oppure l’impianto di Mitraclip sotto ai lembi mitralici).
Il trattamento chirurgico vero e proprio può riparare la valvola tramite correzione dell’apparato valvolare difettoso (lembi, anello, corde, muscoli papillari) o sostituire la valvola malata con una protesi valvolare biologica o meccanica. La scelta del tipo di protesi dipende da tanti fattori, come la valvola da sostituire, l’età del paziente, il grado di attività fisica e di capacità funzionale, le scelte di vita della persona (eventuale gravidanza, consapevolezza di una terapia anticoagulante a vita nel caso di protesi meccaniche, minor durata delle valvole biologiche).
Dott. Felice Valle
Specialista in Cardiologia
Ambulatorio di Cardiologia